L’Italia del dopoguerra
partecipa alla dinamica della storia internazionale nel suo complesso,
anche se, com’è ovvio, i problemi specifici le conferiscono una
fisionomia particolare.
Il primo faticoso impegno
del paese, dopo cinque anni di guerra che lo hanno lasciato nella devastazione
e nella misera, è la ricostruzione. Dalle ceneri del conflitto l’Italia
esce infatti assai prostrata, con il potenziale civile e produttivo in
larga parte distrutto o inadeguato alle nuove esigenze, data la condizione
di generale arretratezza economica in cui il paese versava anche prima
della guerra. Si tratta quindi di ricostruire le infrastrutture e in molti
casi anche le strutture stesse dell’economia partendo quasi da zero.
Il piano Marshall americano,
che prevede aiuti per i paesi dell’area occidentale, offre un notevole
contributo e consente di avviare la ripresa economica, che si effettua
grazie al profondo e corale sforzo di tutte le componenti sociali; ma i
problemi italiani dell’immediato dopoguerra non riguardano solo il versante
economico, bensì anche le istituzioni e la stessa situazione politica.
Dopo la caduta della
monarchia, sancita da un referendum popolare indetto nel 1946 che decreta
la forma di istituzione repubblicana dello Stato, viene eletta un’apposita
assemblea, l’Assemblea costituente, con il compito di redigere la Costituzione,
la cui stesura viene completata nel dicembre del 1947.
Nel frattempo l’unità
delle forze antifasciste si spezza e si affermano due grandi schieramenti,
quello cattolico legato alla tradizione popolare e all’influenza della
Chiesa, rappresentato politicamente dalla Democrazia cristiana, e quello
comunista che fa capo al Pci. Le elezioni del primo Parlamento repubblicano,
che si svolgono nell’aprile del 1948 in un clima di forte passione politica,
si concludono con la vittoria della Dc e, quindi, la sconfitta del Pci,
alleato con i socialisti nel Fronte popolare.
La ripresa economica
nel dopoguerra è decisa e costante; dagli anni Cinquanta l’incremento
della produzione industriale, la crescente motorizzazione, il basso costo
della manodopera e delle materie prime, la disponibilità di capitali
accelerano la fase di crescita del paese, consentendo un miglioramento
del tenore di vita. I maggiori beneficiari sono i settori legati alla grande
produzione industriale, appoggiati dai sindacati, mentre restano pressoché
immutate le condizioni dell’agricoltura, con la conseguenza di aumentare
lo squilibrio tra Nord e Sud, che si rispecchia nella estesa migrazione
interna.