LE RADICI DELLA VIOLENZA TRA NATURA E SOCIETA’
CRASH contatto fisico
Una
casalinga di Brentwood e il marito procuratore. Un iraniano proprietario di
un 24hours shop. Due detective della polizia, amanti occasionali. Il
direttore nero di un canale televisivo e la moglie. Un fabbro
latinoamericano. Due ladri di automobili. Una recluta della polizia. Una
coppia coreana di mezza età… Vivono tutti a Los Angeles. E nelle prossime 36
ore per loro sarà inevitabile scontrarsi. La violenza è il rande tema di
questo film, la violenza legata ai pregiudizi, ossia alla mancanza di
comunicazione e di relazioni umane costruttive, che rendano possibile la
reciproca comprensione e l’avvicinarsi dei diversi punti di vista. Tutti i
protagonisti, vittime dei loro pregiudizi razziali, sociali o etnici,
riversano la loro violenza in maniera più o meno grave sul proprio altro,
incontrato per caso sulla strada e designato come responsabile e capro
espiatorio dei propri mali o disagi. La violenza, spirale inconclusa, che
chiama altra violenza e altro pregiudizio, appartiene a tutti, anche a
coloro che nel film appaiono in prima battuta contrari alle maniere dure, e
che ricade su tutti i protagonisti indipendentemente dalla loro
caratterizzazione di Buoni o cattivi. Nessun personaggio è caratterizzato
infatti in modo univoco, e di tutti il regista mostra l’origine del
pregiudizio che lo porterà ad avere reazioni violente. Tutti sono anche
buoni e con tratti realistici mostrano la loro umanità e finanche la loro
tenerezza (il poliziotto affettuoso con la madre nonostante il pregiudizio
di lei contro il figlio maggiore, i ragazzi ladri che liberano i coreani
oggetto della tratta degli schiavi, la Bullock che tratta male la domestica
e alla fine la abbraccia come unica amica vera, il poliziotto che salva la
moglie del regista, dopo averla violata, rischiando la vita per un estranea
e che si rivela figlio affettuoso di un padre malato e privato della giusta
assistenza medica, quindi vittima della violenza del sistema economico
americano). Ma anche i buoni diventano cattivi se le circostanze lo
impongono, come l’iraniano che rischia di uccidere una bambina innocente e
che a causa dell’incomunicabilità non riesce ad ascoltare gli unici due
messaggi di aiuto reale che gli arrivano prima dalla famiglia (la figlia
prudente e saggia) e poi da uno sconosciuto fabbro latino americano che fa
bene il suo lavoro e che ha scelto una vita senza violenza per proteggere la
propria famiglia e metaforicamente il futuro della società umana. O come il
poliziotto biondo che, nonostante la sua presunta apertura, in un momento di
paura, finisce per compiere un delitto immotivato del quale non si assumerà
nemmeno la responsabilità, confessando implicitamente la familiarità di
ognuno con la violenza. La cura dell’altro è l’antidoto al pregiudizio: la
domestica accudisce, il figlio cura e segue il padre fin dentro un desolante
bagno di casa di periferia e ne rivendica i diritti davanti ad una
assistente sociale di colore dalla quale ci si aspetterebbe una maggiore
comprensione verso la debolezza di una minoranza, sia pure tale solo
economicamente, e che invece resta vittima del suo pregiudizio contro il
poliziotto arrogante ma anche disperato. E’ un film che fornisce allo
spettatore la diagnosi e la terapia: la cura contro il pregiudizio, il
contatto contro la violenza.
(max due facciate di foglio protocollo)
SCHEDA TECNICA
Regia:
Paul Haggis
Fotografia:
James Muro
Musiche:
Mark Isham
Anno:
2005
Data uscita
in Italia:
11 novembre 2005
Genere:
drammatico
Ria
Jennifer Esposito
Jean Cabot
Sandra Bullock
Jack Ryan
Matt Dillon
Graham
Waters
Don Cheadle