RECENSIONI e INTERVISTE
INTERVISTA A RUSSEL CROWE
In America ha incassato fino ad oggi 120
milioni di dollari e in Italia uscirà in 250 copie. Il nuovo film di Ron Howard "A beautiful mind" è già stato premiato con 4 Golden Globe e
coronato da 8 nominations agli Oscar di quest'anno, tra cui quella come Migliore Attore a Russell Crowe,
straordinario interprete del geniale matematico John Forbes Nash, uomo eccentrico e
affascinante dalle geniali intuizioni, la cui vita rischiò
di venire annientata dal sopraggiungere della schizofrenia. Russell
Crowe è tornato in Italia per parlare del film e del
suo indimenticabile personaggio.
Un personaggio complesso quello di John
Forbes Nash.
Cosa l'ha aiutata a capire ed entrare meglio nel ruolo?
Considerando la totale assenza di informazioni per il
periodo della sua lotta contro la schizofrenia, 35 anni, si trattava
soprattutto di costruire la sua vita dividendola in due parti: la sua
giovinezza e cioè gli anni prima della malattia e l'età matura. Ho avuto a
disposizione solamente 17 fotografie in bianco e nero di Nash
da giovane e ho dovuto fare molte ricerche sulla malattia studiando anche i
cambiamenti fisici che causa nelle persone colpite. Mi aveva impressionato
molto una sua fotografia scattata a 20 anni in una piscina, il suo fisico
scattante e muscoloso rivelava una salute sana e robusta. Nelle fotografie di
qualche anno dopo, la malattia lo aveva come rimpicciolito, ristretto. Ho preso
molti spunti anche dall'autobiografia di Silvia Nasar,
e ascoltato i ricordi di alcuni colleghi di Nash.
Sul set ad un certo punto è arrivato il vero John Nash, una fonte di informazioni
fondamentale...
Si, certo, ma in realtà quando Nash si è presentato
sul set, al 3º giorno delle riprese, avevamo già approfondito molto i
personaggi. Inoltre lui era il Nash adulto e
ispirandomi a quel modello per il personaggio degli anni universitari avrei anticipato troppo gli elementi della malattia della
sua maturità. John Nash
veniva spesso a trovarci durante le riprese, passeggiava e si avventurava tra i
cavi e le luci del set. Ho avuto molte occasioni per parlare con lui. Succedeva
spesso che rispondesse alle domande dopo aver riflettuto a lungo e considerato
tutte le diverse opportunità: alcuni di questi episodi mi hanno molto
rassicurato sulle deduzioni alle quali ero arrivato prima di incontrarlo,
costruendo il personaggio.
Il film di Ron Howard
però non considera molti degli aspetti di cui la Nasar
parla nella autobiografia...
È chiaro che non si possa riportare una vita intera al cinema, altrimenti
impiegheremmo gli stessi 72 anni che Nash ha vissuto.
Il film non voleva essere un documento medico e neppure far credere che per
risolvere una malattia simile è sufficiente l'amore e
l'affetto della famiglia. È il racconto di un processo di guarigione, che il
protagonista riesce ad affrontare grazie anche al rapporto affettivo con
Alicia. Le scelte di Ron Howard
rispetto al libro della Nasar sono sempre state a
vantaggio dei personaggi del film. Il successo di pubblico parla da solo. Se ci si sente coinvolti dagli stati mentali di Nash
e dalla sua battaglia vuol dire che è stato fatto un buon lavoro.
Parlando invece di lei, che tipo di rapporto ha avuto da giovane
con la matematica?
Diciamo che ho smesso di averne all'incirca a 14 anni, quando con la mia
famiglia ci siamo trasferiti in Nuova Zelanda dall'Australia. Il professore che
avevo non parlava l'inglese e quindi io non capivo nulla. Così smisi di
interessarmene studiando storia e letteratura durante le lezioni.
Anche quest'anno una nomination
all'Oscar. Che sensazione ha avuto?
Nessuna in particolare. Ne ho vinto uno lo scorso anno e non
me ne serve un altro. Sono felice per Ron e per Jennifer (Connelly), se lo
meritano entrambi per il lavoro straordinario che hanno fatto. Io mi sento
onorato e soddisfatto per il riconoscimento del mio lavoro da parte di altri colleghi. Niente di più.
Altri progetti?
A giugno dovrei iniziare le riprese di un film tratto da un romanzo di Patrick O'Brian "Far side of
the world", nel ruolo di un capitano di marina.
Ma si parla anche di un progetto di regia?
Si insieme a Michelangelo Petroni
stiamo lavorando alla sceneggiatura di "The long green shore".
Si svolge nel 1944 durante la IIª Guerra Mondiale.
E farà solo il regista?
Forse no, c'è il ruolo di un colonnello, molto arrogante e infìdo
che mi affascina in modo particolare.
INTERVISTA A JENNIFER CONNELLY
"Alicia, il mio personaggio, è una sua studentessa e
lui ha una reputazione di enorme prestigio
all’Università. Penso che lei sia impressionata e sedotta dal suo genio anche
perché lei stessa è molto intelligente. Credo che sia in cerca di un compagno
che le tenga testa. E anche lui. Voglio
dire… le persone, in particolare le donne, tendono a non capirlo. Alcune
sono disorientate e intimidite da lui, ma lei no, non ha affatto paura di
lui".
"Non è possibile definire Alicia in modo univoco, non
è solo un’intellettuale… è una strana combinazione di elementi.
Un carattere vagamente seducente e spumeggiante, però anche
molto intelligente, nonostante non lo dia a vedere. E
che non ha paura di usare la propria femminilità. In un certo senso lo
cambia veramente. Anche se all’inizio una parte di lei
è frutto di ostentazione, lui le ha trasmesso veramente equilibrio, e anche il
loro matrimonio le ha dato equilibrio. Dunque, lei
subisce una trasformazione molto interessante durante il film".
"Nel
film c’è una scena con lei e un collega del marito, Sol, e lui le chiede come
sta. Ma lei riesce a rispondere solo parlando di come
sta John. Le ci vuole addirittura un
po' di tempo prima di accorgersi che lui sta chiedendo di lei e dei suoi
sentimenti. Antepone lui a sé stessa. E’ molto protettiva, la
sua vita presto consiste nell’aver cura del marito e del figlio. Alicia ha fiducia in lui, ha bisogno di comportarsi così anche per
sé stessa. Non è eroica anche se in qualche modo lo è. Di certo non è perfetta.
E’ solo molto umana".
"Ho
incontrato la vera moglie di Nash. A dire il vero,
era come se la stessi usando, come fosse una fonte a
cui porre delle domande, la invitavo a farmi partecipe dei suoi ricordi e dei
suoi pensieri. Ma da un altro lato le stavo anche
chiedendo una benedizione per quello che facevo. Era come se le volessi dire: 'Vuoi raccontarmi qualcosa che vorresti assolutamente
vedere nel film? Oppure qualcosa che vorresti... ma loro proprio non vorrebbero vedere nel film?'(ride) E da allora è come se
lei mi avesse detto 'il personaggio è tuo'".
"Con
Ron Howard abbiamo parlato
di conflitto nei rapporti matrimoniali. Mostrando anche i momenti meno carini,
che non sono necessariamente i tipici momenti 'da cinema',
Ron intendeva trovare spazio anche per tutto ciò. Anche questo credo fosse necessario alla realizzazione di
questo film".
INTERVISTA A RON HOWARD
"A
Beautiful Mind è la storia drammatica di un grande matematico, della sua vita e del suo rapporto con la
moglie. Sorprendentemente risulta piena di suspense.
Ha a che fare con il genio, la pazzia, l’amore, la paura e la creatività. In essa è racchiuso un materiale drammatico potente ma allo
stesso tempo coeso. Tutto si tiene perché è 'il viaggio' di Nash".
"E'incredibile come cambia il
rapporto tra Nash e Alicia, come è
complesso, e le prove che affrontano insieme, ed eccoli
ancora uniti dopo tutti questi anni. Quindi credo che A Beautiful mind abbia la possibilità di essere
anche una 'love story'veramente straordinaria e
memorabile".
"Ho veramente sentito che
Alicia era una sorta di eroina e ciò è accaduto quando
ho incontrato il vero John Nash
e la vera Alicia Nash. Io penso che in modo molto
onesto e diretto lei sia una figura eroica del film. Che
non vuol dire liberare un bambino incastrato in una macchina, e non vuol dire
neanche che si sono acciuffati i cattivi. Vuol dire soltanto che lei era lì ad
offrire amore e sostegno quando la maggior parte di noi in tale situazione
sarebbe crollata. Nella vita reale la sua forza è ammirevole e noi abbiamo
cercato di rendere questo nel film. Jennifer Connelly in questo senso è stata bravissima".
"Russell
Crowe ha un incredibile carisma ed è una grande presenza scenica, lo ha già dimostrato. Russell si impegna a creare un
personaggio non mettendovi solo la propria fisicità. E
poi è un attore incredibilmente coraggioso. Questo ruolo è una sfida, dunque
sono fatti l’uno per l’altro. E'stato stimolante
lavorare con Russell sul personaggio, vedere come Russell sia riuscito a portare Nash
sullo schermo e aiutarlo in questo. E'stato un piacere
assoluto".
"Ho lavorato con Ed Harris nel film Apollo 13, e William Parcher, il personaggio che interpreta in
A Beautiful Mind, è piuttosto
diverso. William è un agente segreto, un agente del governo. Introduce John Nash in questa specie di
mondo segreto che si rivela essere molto più complicato e pericoloso di quello
che Nash si sarebbe mai aspettato. L'ambiente causa a
Nash un incredibile stress ed esaurimento… lui cammina sempre sulla linea di confine tra pazzia e genio,
uno degli elementi più interessanti della storia, e così alcune di quelle scene
tra Ed Harris nel ruolo di Parcher
e Russell Crowe nel ruolo
di Nash sono veramente forti e affascinanti da
guardare".
"E'una
specie di storia sulla sopravvivenza. Voglio dire, la vita è
una storia di sporavvivenza, no? E
la sua è veramente particolare. Non è perfetta, ma lui sopravvive, acquista in
saggezza e forza durante il viaggio, malgrado le
difficoltà. Dunque è una storia di trionfi che nobilita".