CRITIQUES et INTERVIEWS

 

 

 

 

L'attesa biografia del poeta francese Arthur Rimbaud sottolinea, sin dal suo incipit, la fondamentale importanza umanistica che l'opera dello scrittore riveste nella letteratura mondiale. In realtà "Poeti dall'inferno", più che raccontare la vita di Rimbaud, si sofferma sul suo periodo di maggior creatività, quello compreso fra i 16 e i 19 anni, caratterizzato soprattutto dall'intenso vincolo, sia spirituale che sessuale, che legò il giovane artista a Paul Verlaine. I due artisti trovarono reciproco complemento in una assidua e morbosa frequentazione che mise in evidenza l'animo cinico e crudele del già maturo Verlaine nei confronti della povera moglie, incoraggiato e sostenuto dal libertinismo dissacratorio del giovane Rimbaud, derivante da una irresistibile irriverenza adolescenziale (in ciò simile, se vogliamo, al grande Mozart). La loro storia ebbe un tragico epilogo, con Verlaine condannato a due anni di prigione per sodomia, e Rimbaud isolato, per suo stesso volere, in Abissinia per 10 anni, viaggio dal quale ritornò con un fatale tumore al ginocchio. Il film ignora completamente l'infanzia di Rimbaud, sorvola con leggerezza sui rapporti (pur di estrema importanza) con la famiglia ed accenna solo brevemente all'ultimo periodo della sua vita, in cui abbandonò completamente la scrittura, forse per incarnare con la sua stessa esistenza quel concetto di poesia tanto agognato. I personaggi sono descritti con crudo realismo, la loro spocchia rivoluzionaria, l'immane egoismo e le spiacevoli caratteristiche di vita non cercano, né ottengono, il consenso dello spettatore. La presunzione dell'autrice Agnieska Holland ("Il giardino Segreto", "Europa Europa") è che essi debbano essere amati e rispettati dal pubblico esclusivamente in virtù della loro poesia, e difatti essa nulla compie al fine di renderli più vicini, più umani, più empatici con lo spettatore.Ciò renderà senza dubbio interessante la loro opera ma, ahimè, non aiuta il film che, fra un illuminante verso e qualche sagace scambio di battute, sprofonda lentamente in una manierata rappresentazione di eccessi. Salva parzialmente il risultato Di Caprio che, benché giovanissimo, domina la scena con grande talento e indiscutibile personalità, mal supportato da David Thewlis nel ruolo di Verlaine, la cui recitazione sopra le righe, tutta mossette e ammiccamenti, non rende giustizia al personaggio. Dopo l'esperienza della visione, lo spettatore avrà conosciuto quindi due persone geniali e spesso sgradevoli nel rapportarsi all'umanità (valga per tutte la battuta di Verlaine che, nell'intercalare di una conversazione, dichiara "..è da giovedì scorso che non provo a dar fuoco a mia moglie" riferendosi alle abituali sevizie cui costringe la poveretta incendiandogli i capelli), ma nulla o poco saprà dell'uomo dietro al capolavoro, delle ragioni e delle esperienze interiori alla base di tale creatività e di tanto spreco.