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Liber
II, Carme III
Aequam
memento rebus in arduis
servare
mentis, non secus in bonis
ab
insolenti temperatam
laetitia,
moriture Delli,
seu
maestus omni tempore vixeris
seu
te in remoto gramine per dies
festos
reclinatum bearis
interiore
nota Falerni.
Quo
pinus ingens albaque populus
umbram
hospitalem consociare amant
ramis?
Quid obliquo laborat
lympha
fugax trepidare rivo?
Huc
vina et unguenta et nimium brevis
flores
amoenae ferre iube rosae,
dum
res et aetas et Sororum
fila
trium patiuntur atra.
Cedes
coemptis saltibus et domo
villaque,
flavus quam Tiberis lavit,
cedes,
et extructis in altum
divitiis
potietur heres.
Divesne
prisconatus ab Inacho
nil
interest an pauper et infima
de
gente sub divo moreris,
victima
nil miserantis Orci;
omnes
eodem cogimur, omnium
versatur
urna serius ocius
sors
exitura et nos in aeternum
exilium
impositura cumbae.
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Libro
II, Canto III
Ricordati
di conservare una mente equilibrata nelle situazioni difficili,
non diversamente preservata nelle situazioni propizie dovute all'eccessiva
letizia, o morituro Dellio,
sia
se avrai vissuto triste in ogni tempo, sia se sarai stato rilassato
sdraiato in un lontano prato nei giorni di festa con la nota interiore
del Falerno.
Perchè
l'ingente pino e il bianco pioppo amano unire l'ospitale ombra con
i rami?
Perchè
l'acqua fugace si affatica a precipitarsi giù nel fiume tortuoso?
Ordina
di portare qui i vini e gli unguenti e i fiori troppo brevi della
bella rosa, mentre le cose e il tempo e i neri fili delle tre sorelle
lo tollerano.
Ti
allontanerai sia dai pascoli acquistati che dalla casa e dalla fattoria
che il biondo Tevere bagna, ti allontanerai, e l'erede si impadronirà
delle ricchezze ammassate in alto.
Nulla
importa se ti attardi sotto il cielo, [che tu sia] nato ricco dall'antico
Inaco o povero da gente oscura vittima della per nulla miserabile
morte;
siamo
tutti spinti verso lo stesso luogo, il destino che è destinato,
presto o tardi a uscire dall'urna, si agita e sulla barca di Caronte
è destinato a portarci verso un destino eterno.
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Carpe
Diem. Famosa frase di Orazio che riassume tutta la sua visione
della realtà. Visione in cui il tempo fugge, inesorabilmente, come
per C. Baudelaire, è un tiranno che porta la morte dietro di sé. Orazio
quindi invita a "godere" della vita; ma non in modo sregolato,
scellerato e senza controllo. Egli invita a godere, a fruire del presente,
senza preoccuparsi del domani, Carpe Diem, quam minimum credula
postero [I, XI], un domani che per Orazio è incertezza d'ogni
cosa, tranne che della morte
Il miglior modo di
godere della vita è il convito, luogo ad un tempo reale e simbolico.
In esso si ritrovano l'amicizia, il vino, il canto. Esso ha
la funzione dell'angulus, cioè del rifugio appartato e protetto;
luogo materiale o ideale che preserva dai mutamenti, dall'ignoto,
dalla morte in una certa misura. Il convito è comunque sempre il
luogo della moderazione, mai dell'eccesso. Berrai in coppe modeste
il modesto sabino [I, XX], dice Mecenate a Orazio. Questo vino,
il Sabino, è l'emblema dello stile di vita di Orazio, del suo gusto,
etico ed estetico, improntato ad elegante semplicità, equidistante
dalla rozza ostentazione dei ricchi e dalla sordida sciatteria dei
moralisti.
Nel carme III del
libro II, la riflessione sulla morte si fa più presente; i riferimenti
ad essa sono molto numerosi: trium sororum, le tre Parche
(antiche divinità ritenute responsabili della morte), cedes,
ti allontanerai (morirai), heres, l'erede, miserantis
Orci, perifrasi per la morte, cumbae, cymbae (la barca
con cui Caronte spostava le anime dei morti). Accanto a questa riflessione,
si vede il topico invito di Orazio a godere della vita: nella quarta
strofa, infatti, egli esorta l'amico Dellio, a cui è rivolto l'invito,
a ordinare che siano portati vini, unguenti e i brevi fiori della
rosa. I primi due rappresentano il modo per fruire della vita, per
occuparsi del presente, ma non del domani, mentre i troppo brevi
fiori della rosa rappresentano la brevità della vita, da cui nasce
l'invito di Orazio a cogliere l'attimo, finchè ci è concesso dalle
tre Sorelle, le tre Parche che un giorno taglieranno il filo della
vita.
Nella seconda strofa,
Orazio, dopo aver esortato l'amico a conservare sempre una mente
equilibrata, riflette sul fatto che la morte arriva per tutti, sia
che si sia vissuto in perenne tristezza, sia che si sia goduto della
vita. Per simboleggiare quest'ultimo modo di vita, Orazio us al'espressione
reclinatum dies festos interiore nota Falerni (sdraiato nei
giorni di festa con la nota interiore del Falerno). La nota interiore
del Falerno, indica il cartellino che veniva posto sulle anfore
e che indicava l'annata del vino; le anfore interiori (interne)
erano le più pregiate, perchè le più antiche. Dunque avere a disposizione
il vino migliore era un ottimo modo di godere della vita.
Il Falerno
è un vino molto pregiato, proveniente dalla Campania e molto diffuso
nella società romana, soprattutto negli ambienti agiati tra le classi
sociali più elevate.
Uno dei più famosi
vitigni di Falerno era quello di Pompei, che nel 79 d. C. venne
ricoperto dalla cenere, dai lapilli e dalla lava insieme alla città
stessa. Dopo circa 2000 anni, oggi quel vitigno rivive e ha ricominciato
a produrre quel vino tanto famoso nell'età romana. [articolo]
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