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LA COSTITUZIONE EUROPEA

Col termine Costituzione Europea si suole chiamare il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Il suo scopo, oltre a quello di sostituire i diversi trattati esistenti che al momento costituiscono la base giuridica dell'Unione Europea, era principalmente quello di dare all'UE un assetto politico chiaro e tendenzialmente definitivo riguardo le sue istituzioni, le sue competenze, le modalità decisionali, la politica estera.

A dispetto del nome, però, non si sarebbe trattato di una vera costituzione che avrebbe sancito la nascita di una sovranità (come la costituzione federale degli Stati Uniti d'America), bensì di una sorta di Testo unico, in cui verrebbero solo recepiti e riordinati testi giuridici preesistenti, con poche vere innovazioni e senza alcun trasferimento di sovranità.

La Costituzione europea si componeva di un preambolo, di quattro parti (per un totale di 448 articoli), di 36 protocolli, due allegati, un Atto finale:


   

LE ESIGENZE

All'inizio del nuovo millennio l'Unione europea, ormai esistente in diverse forme da circa mezzo secolo, si trovava a dover affrontare nuove importanti sfide. Nel 2000 le norme di base della legislazione europea venivano rinnovate con il Trattato di Nizza (7-10 dicembre 2000), che introduceva flessibilità e riforme in vista di un allargamento dell'Europa da 15 a 27 membri (entro il 2007). Sebbene le innovazioni introdotte abbiano migliorato i processi decisionali e meglio organizzato le istituzioni dell'UE, il Trattato di Nizza era nato come compromesso tra le diverse idee dei paesi membri e quindi non adeguatamente capace di rispondere alle future sfide dell'Europa. Per tale motivo all'atto finale della conferenza intergovernativa che avrebbe varato il nuovo trattato venne aggiunta all'ultimo momento una "Dichiarazione sul futuro dell'Unione". In essa si ponevano i nuovi problemi da risolvere entro il 2004, anno dell'allargamento dell'Unione ad altri 10 membri. La dichiarazione concerneva:

Il 15 dicembre 2001 al Consiglio Europeo di Laeken venne proclamata la “Dichiarazione di Laeken” di importanza primaria, poiché oltre a ribadire i problemi sul tavolo fissati fin da Nizza venne convocata ufficialmente una Convenzione europea, un organo straordinario incaricato di giungere alla soluzione concreta dei problemi entro il 2004. La Dichiarazione indicava le due grandi sfide dell'Europa del nuovo millennio: una interna, l'avvicinare cioè le istituzioni europee al cittadino e potenziare la democraticità dell'Unione; una esterna, il ruolo cioè che avrebbe avuto l'Europa unita nello scenario post 11 settembre 2001, in quale modo si sarebbe imposta sullo scenario internazionale per far valere la pace, la democrazia e i diritti dell'uomo. Concretamente venivano richieste le seguenti riforme, prioritarie per creare un'Unione forte:

A questi complessissimi quesiti la Dichiarazione rispose con la convocazione della Convenzione sul futuro dell'Europa, proclamando presidente Valéry Giscard d'Estaing (ex presidente della repubblica francese) e vicepresidenti Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene. I lavori della Convenzione si aprirono ufficialmente il 28 febbraio 2002.

                    

I PUNTI CONTROVERSI

Le forti critiche al testo costituzionale espresse dalle più disparate correnti politiche si basavano su opinioni spesso diametralmente opposte. Fondamentalmente le controversie nascevano dalla volontà di creare un "documento debole", cioè non indirizzato chiaramente ma al fondo legato ad essere un minimo comune divisore fra le varie visioni di Stato delle nazioni europee. In buona parte le critiche e i no verso la Costituzione vennero da parte dell'opinione pubblica meno interessata alla politica, i cosidetti "euroscettici", che rifiutavano l'Unione europea per come è stata strutturata, vista come troppo burocratizzata e poco efficace nel risolvere gli interessi reali dei cittadini.

A queste critiche se ne aggiunsero altre dagli ambienti religiosi riguardo l'assenza di riferimenti alle radici giudaico-cristiane della coscienza europea: molti sono stati i richiami fatti da Papi, rabbini e capi spirituali protestanti. Gli stati che valorizzavano la laicità dello Stato, in primis la Francia, si sono opposti duramente a un esplicito riferimento religioso nella Costituzione, mentre Stati a maggioranza cattolica e ortodossa (tra cui l'Italia, la Polonia e la Grecia) hanno spinto verso un inserimento di questi riferimenti nel testo.

Non va dimenticata, poi, la posizione severamente critica da parte di istanze non sospettabili di scarso spirito europeista o di sciovinismo nazionalista, come gran parte dei Federalisti Europei, i quali hanno ripetutamente bollato come un inganno quello di chiamare "Costituzione" un documento che tale non è.

In Francia la vittoria del 'no' è dipesa principalmente dalla contrarietà di una larga fetta dell'opinione pubblica: sinistra radicale, fronte nazionale, ambienti cattolici e Lefebvriani, no-global, e pacifisti accesi hanno criticato la presenza di principi neoliberisti nel testo, l'eccessiva importanza data ai temi economici e capitalistici, l'assenza di riferimenti al ripudio della guerra e il fatto che gli eserciti europei ora possano intervenire in più occasioni, le troppo scarse garanzie in difesa dei lavoratori, degli immigrati, del welfare state. Diverse personalità (ad esempio, il premio Nobel per l'economia Maurice Allais) hanno criticato il TCE e si sono schierati contro la sua ratifica.

Ragioni ben diverse quelle dei no della destra nazionalista, principalmente in Olanda. La paura in questo caso è che la Costituzione  disponga di poteri tali da svuotare di significato e di autorità i singoli stati, promuovendo un appiattimento delle identità nazionali in nome di un'unione indifferenziata.

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