RIFLESSIONI FINALI

 

Al termine di questo progetto, è stato ritenuto indispensabile ripercorrere, in modo sintetico, i suoi punti salienti; difatti è ora possibile affermare che:

 

che lo si voglia o meno, tutti comunicano qualcosa, in maniera più o meno involontaria (tramite meccanismi inconsci della psiche) o consapevole (quando si comunica perché se ne ha necessità): in questo senso noi siamo comunicazione;

per portare a destinazione un dato messaggio, la comunicazione sfrutta diversi canali e per questo i modi attraverso i quali gli esseri umani comunicano sono molteplici;

  nell’ambito di un’opera letteraria, non è solo il contenuto a trasmettere informazioni ma anche la forma che esso presenta e la scelta che è stata presa in precedenza dall’autore (poesia? prosa? teatro?);

la parola svolge un compito fondamentale, ma essa non possiede il monopolio comunicativo: prima ancora di articolare un suono, è lo stesso corpo a comunicare un’informazione, in maniera diretta ed inequivocabile per chi, ovviamente, ne possieda le chiavi di lettura;

  l’impossibilità a scambiare contenuti può e deve essere superata, affinché chiunque trovi il modo più adatto per comunicare ciò che sente di dovere condividere con la realtà esterna (ma anche con se stesso);

  l’attività metacomunicativa è di non secondaria importanza, perché permette la trasmissione di conoscenze e spiegazioni, ed essa si esercita ogniqualvolta si desidera informare un determinato destinatario (come nella redazione di una tesi).

 

Per dare maggiormente corpo alla tesi, si è sentita la necessità di dare spazio ad argomenti su cui troppo poco si verte l’attenzione e di cui ancora meno si parla, come nel caso della Lingua Italiana dei Segni, sperando, in questo modo, di indirizzare gli interessi anche su queste tematiche.

Chi ha scritto queste pagine ritiene che la comunicazione, superato ogni discorso teorico, sia effettivamente cruciale in ogni situazione, dal momento che essa ci permette nel concreto di esistere e di diffondere la nostra personalità, come pure di accogliere quella degli altri: a volte si tende a percepire l’azione del comunicare come una funzione unidirezionale, finendo, così, per dimenticare che è soprattutto necessario ascoltare ciò di cui gli altri esseri umani desiderano renderci partecipi. Per non essere egoisti, “comunicativamente” parlando.