Lo sbarco in Sicilia del 10 luglio esauriva le scarse possibilità che restavano all'Italia di vincere la guerra, anche se in realtà la situazione era per l'Asse già gravemente compromessa da diverso tempo: la sconfitta di El Alamein nel novembre del 1942, contemporanea allo sbarco delle forze americane in Marocco e Algeria, aveva portato alla definitiva sconfitta in Africa, e con la perdita dell'Africa, si apriva la concreta possibilità, per le forze alleate, di aprire un fronte diretto contro l'Italia, l'alleato debole della Germania.
Una situazione militare ormai allo sfascio, unita alle posizioni ormai contrarie
al Duce del Fascismo della Casa Savoia, trovò uno sbocco naturale nel Gran
consiglio fascista del 24 luglio, in cui - alle 3 del mattino del 25 luglio -
venne approvato l'ordine del giorno Grandi (con 19 voti su 28). Il nocciolo
della proposta Grandi era la richiesta per "l'immediato ripristino di tutte le
funzioni statali" e l'invito al Duce di pregare il re "affinché egli voglia, per
l'onore e la salvezza della patria, assumere con l'effettivo comando delle forze
armate di terra, di mare e dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del
Regno, quelle supreme iniziative di decisione che le nostre istituzioni a lui
attribuiscono": al di là del contorto linguaggio politico, appariva evidente che
fra le supreme iniziative del re, se c'era stata quella della guerra, poteva
esserci anche quella della pace.
Fu proprio il re, che aveva un ventennio prima voluto accettare il Duce come primo ministro, a decidere che era il momento, per salvare la monarchia, di sacrificarlo: dal gennaio 1943 iniziano così le "grandi manovre" del sovrano, di cui fu messa al corrente solo una piccola cerchia di fedelissimi (anzitutto il ministro della Real Casa duca Acquarone, il capo di Stato maggiore generale Ambrosio, e poi il generale Castellano, futuro plenipotenziario italiano nelle trattative con gli alleati), che trovarono in Grandi e in Ciano (il genero del Duce) gli alleati nel Partito di cui avevano bisogno, utilizzandoli per i propri fini e probabilmente senza che questi si accorgessero del vero scopo cui servivano.
La mattina del 25 luglio il Duce accettò di recarsi dal re. Fece il suo ingresso a Villa Savoia alle 17, per il consueto colloquio settimanale; non sapeva che già in quel momento la sua scorta era sotto controllo, e duecento carabinieri circondavano l'edificio, mentre un'ambulanza della Croce Rossa era in attesa di portarlo via prigioniero. Fu il capitano dei carabinieri Giovanni Frignani ad arrestarlo.
Mussolini fu prima relegato a Ponza nella casa già occupata dal prigioniero abissino Ras Immiru, e poi all'Isola della Maddalena.
Le notizie dell'arresto di Mussolini e della formazione del Governo Badoglio furono accolte in tutta Italia con manifestazioni di giubilo; gli antifascisti e molta gente comune scese in piazza e divelse i simboli del vecchio regime, inneggiando alla democrazia e alla pace.