Biografie fascisti
Italo Balbo
Nato a Quartesana (Ferrara) il 6 giugno del 1896. Di famiglia piccolo-borghese, repubblicano e massone, dopo studi irregolari, si dedica all'attività giornalistica. Volontario nel maggio 1915, dopo aver partecipato alla battaglia interventista, è destinato alle retrovie e poi congedato. Arruolato nell'autunno 1916, presta servizio fino all'ottobre 1918 e combatte nella battaglia del Grappa, ricevendo numerose decorazioni. Nel 1920 si laurea in scienze politiche a Firenze. Capo delle squadre d'azione di Ferrara (1920-1921), con l'appoggio degli agrari, guida ripetuti raid in Emilia. Quadrunviro della "marcia su Roma", nel 1923 fonda a Ferrara il "Corriere padano"; riveste, tra il 1922 e il 1924, la carica di comandante generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Sottosegretario all'Economia nazionale (1925-26) e all'Aeronautica (1926-29), di cui è ministro dal 1929 al 1933, si occupa di riorganizzare e di sviluppare l'aviazione italiana, incentivandone il progresso tecnico-sportivo e lo sfruttamento propagandistico. Promuove, in particolare, due tipi di imprese aviatorie: le grandi crociere di formazioni di idrovolanti nel Mediterraneo (Occidentale nel 1928 e Orientale nel 1929) e nell'Atlantico (Rio de Janeiro nel 1931 e Chicago nel 1933) e la ricerca di primati e di vittorie sportive, come il record di velocità ottenuto con i 644 km orari dell'idrovolante Macchi Mc 72, con motore Fiat, pilotato da Francesco Agello. Nel 1933, dopo la nomina a maresciallo dell'Aria, Mussolini lo esonera dalla carica di ministro e nel 1934 lo nomina governatore della Libia. Nel 1937 assume il comando delle forze armate in Africa settentrionale. Nell'imminenza dell'intervento italiano nella seconda guerra mondiale organizza l'offensiva aerea in Libia; il 28 giugno 1940 l'aereo da lui pilotato viene abbattuto a Tobruk dalla contraerea italiana.
Junio Valerio Borghese
Nato a
Roma nel 1906. Di famiglia nobile, frequenta il liceo a Londra e
l'Accademia navale a Livorno. Nel 1928 è guardiamarina specializzato in armi
subacquee. Della X Mas, la neocostituita flottiglia di mezzi d'assalto della
Marina, è prima responsabile del settore armi subacquee, poi, dal 1° maggio
1943, comandante generale (dopo essere stato insignito della medaglia d'oro nel
1941 per l'affondamento di due corazzate inglesi nel porto di Alessandria
d'Egitto). L'8 settembre 1943 offre ai suoi ufficiali la possibilità del congedo
illimitato, ma sceglie di restare al suo posto. Nei 600 giorni di Salò opera,
con la X Mas, alle dipendenze delle SS naziste, occupandosi anche della
repressione antipartigiana. Nominato sottosegretario della Marina della RSI,
manifesta un'indipendenza che irrita i vertici del partito, subendo, nel 1944,
l'arresto per due settimane. Il 25 aprile 1945 si barrica nel comando della X
Mas di Milano e si arrende solo l'indomani a Raffaele Cadorna, che gli tributa
l'onore delle armi e lo fa condurre a Roma travestito da ufficiale americano. È
processato e condannato nel 1949 a 12 anni, poi ridotti a 3, e immediatamente
rilasciato. Nel dopoguerra è attivo nelle file del MSI, di cui è nominato
presidente onorario nel 1951; appoggia Almirante, ma poi rompe con il partito e
si avvicina alla destra extraparlamentare. Dopo aver fondato nel settembre 1968
il Fronte nazionale, nel 1971 viene accusato di un tentativo di colpo di stato,
avviato e poi sospeso nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970.
Muore a Cadice (Spagna) nel 1974.
Giuseppe Bottai
Nato a Roma nel 1895.
Figlio di un vinaio
toscano, abbandona gli studi per arruolarsi volontario nella Grande guerra.
Combatte nei battaglioni d'assalto, viene ferito e decorato. Alla fine della
guerra si laurea in giurisprudenza e collabora all'ufficio romano del "Popolo
d'Italia". Nel marzo 1919 fonda il Fascio romano e dirige l'Associazione romana
degli arditi d'Italia. Nel 1921 crea nella capitale le prime squadre d'azione ed
entra alla Camera (elezione poi annullata, non avendo raggiunta l'età
richiesta). Letterato e giornalista, partecipa alla "marcia su Roma" e nel 1924
viene rieletto deputato. Tra le figure più in vista del fascismo, si dedica, in
particolare alla riorganizzazione dello Stato in senso corporativo. Nel novembre
1926 è sottosegretario del ministero delle Corporazioni (diventerà ministro nel
1929) e contribuisce all'elaborazione della Carta del lavoro; fonda la rivista
"Il diritto del lavoro"(1927); promuove la legge sul Consiglio nazionale delle
corporazioni (1930). Nel frattempo è nominato professore universitario e
pubblica numerosi studi economici e giuridici. Nel 1932 è allontanato dal
ministero e nominato presidente dell'Istituto nazionale fascista della
previdenza sociale. Tra il 1935 e il 1936 è governatore di Roma e promuove
diversi interventi urbanistici nella capitale. Prende parte alla guerra in
Africa orientale ed è il primo governatore civile di Addis Abeba. Ministro
dell'Educazione nazionale dal novembre 1936, redige la Carta della scuola
(1939). Nel 1940 fonda la rivista di cultura "Primato", alla quale collaborano
storici, letterati e artisti anche antifascisti. Prende parte alla seconda
guerra mondiale sul fronte occidentale e su quello greco. Nel febbraio 1943 è
rimosso dal ministero e il 25 luglio vota in Gran Consiglio l'ordine del giorno
Grandi, per cui sarà poi condannato a morte in contumacia dal tribunale di
Verona della RSI. Nel 1944 espatria e si arruola nella Legione straniera.
Condannato all'ergastolo dopo la liberazione di Roma, è amnistiato nel 1947 e
rientra in Italia l'anno seguente. Nel 1953 fonda la rivista di critica politica
"ABC". Muore a Roma nel
1959.
Gian Galeazzo
Ciano
Nacque a Livorno il 18 marzo 1903. Figlio dell'Ammiraglio Costanzo Ciano,
medaglia d'onore nella 1° guerra mondiale. Nell'ottobre del 1922 partecipò alla
marcia su Roma. Dopo aver lavorato nel campo del giornalismo, nel 1925 entrò in
politica. Tra i primi incarichi ci fu quello di ambasciatore a Peking, Rio de
Janiero e Buenos Aires. Nel 1930 sposò Edda, figlia di Benito Mussolini.
Pilota volontario dello squadrone di bombardieri "La Disperata" durante la
guerra in Etiopia (1935), fu decorato con due medaglie d'argento al valore di
guerra. Nel giugno di 1936 fu nominato ministro degli esteri, incarico che
mantenne fino alla fine di febbraio del 1943. Il 22 maggio 1939 firmò assieme a
Ribbentrop, ministro degli esteri tedesco, il " Patto d''Acciaio" tra Italia e
Germania. In principio Ciano fu tra i fautori dell'asse con i tedeschi, ma dopo
la riunione a Saltzburg nel 1939 con Hitler e Ribbentrop, cominciò ad opporsi
alla loro politica di guerra. Quando la Germania invase la Polonia, riuscì a
convincere Mussolini a dichiarare lo stato di "non-belligeranza". Ma quando il
10 giugno del '40 Mussolini dichiarò guerra a Francia e Inghilterra, Ciano
continuò a servirlo con zelo. Nel '42, però, cominciò a dubitare sulla
possibilità di vincere la guerra; l'anno dopo fu sollevato dalla carica di
ministro degli esteri e designato ambasciatore. Il 24 luglio del '43, alla
riunione del Gran Consiglio del fascismo, fu tra i sostenitori della mozione
Grandi, che portò alla caduta di Mussolini. Si trasferì con la famiglia in
Germania, nella speranza di poter trovare ospitalità in Spagna. Dopo
l'armistizio e la costituzione della Repubblica Sociale, fu arrestato e tradotto
nelle carceri di Verona. Processato davanti al tribunale speciale per alto
tradimento, fu condannato a morte e fucilato il 11 gennaio 1944 a San Procolo
vicino a Verona. La moglie tentò invano varie volte di salvargli la vita.
Mussolini non intervenne.
Giovanni Gentile
Filosofo. Nato a Castelvetrano nel 1875. Docente a Palermo dal 1906 al 1914; passò poi a Pisa alla cattedra di filosofia teoretica; nel 1915 partecipò attivamente al Comitato pisano di preparazione e mobilitazione civile, secondo i principi espressi ne "La filosofia della guerra" (1914). Nel 1919 venne chiamato all'Università di Roma; dal 1922 al 1924 fu ministro della Pubblica Istruzione e legò al suo nome la riforma della scuola. A conclusione di quanto aveva scritto e fatto nel decennio precedente, nel 1923 si iscrisse al partito fascista, adoperandosi per dargli un programma ideologico e culturale: primo atto di questo suo impegno fu il "Manifesto degli intellettuali del fascismo" (1925), a cui Croce rispose con un contro-manifesto che da allora rese insanabile il contrasto fra i due filosofi. Gentile tentò di collegare il fascismo direttamente al Risorgimento. Dal 1920 in poi il filosofo diresse il Giornale critico della filosofia italiana e numerose collane di classici e di testi scolastici; dal 1925 al 1944 diresse l'Enciclopedia Italiana. Negli ultimi anni del fascismo Gentile tentò di porsi al di sopra dei contrasti con un nuovo programma di unità nazionale ("Discorso agli Italiani", 1943). Fu ucciso dai partigiani fiorentini il 15 aprile del 1944 in quanto considerato uno dei maggiori responsabili del regime fascista.
Dino Grandi
Nato a Mordano (BO) nel 1895. Dopo aver combattuto durante la prima guerra
mondiale, si laurea in legge a Bologna (1919) ed entra nei Fasci di
combattimento romagnoli. Eletto deputato di Bologna alle elezioni del luglio
1921, deve rifiutare il mandato parlamentare perché non in possesso del
requisito dell'età (sarà rieletto tre anni dopo). Nell'estate del 1921, guida la
rivolta dello squadrismo agrario contro la dirigenza dei Fasci e cerca, senza
successo, di strappare la leadership a Mussolini, con il quale si riconcilia nel
congresso nazionale del novembre 1921. Da allora diventa l'interprete della
tendenza moderata del fascismo. Sottosegretario dell'Interno nel 1924, diventa
sottosegretario agli Esteri due anni dopo. Nel settembre 1929 diventa ministro
degli Affari esteri. Sostenitore di una politica di concertazione con la Gran
Bretagna, lascia il suo incarico alla testa del ministero per andare a Londra
nel luglio 1932 come ambasciatore. Nell'aprile 1938 è tra i principali artefici
dell'accordo anglo-italiano. Nel 1939 è richiamato in Italia per assumere le
cariche di ministro guardasigilli e di presidente della Camera dei fasci e delle
corporazioni e presiede all'ultima fase della riforma fascista dei codici.
Contrario all'entrata in guerra dell'Italia, nel febbraio 1943 lascia il suo
incarico nel governo, ma resta presidente della Camera. Alla seduta del Gran
Consiglio del 25 luglio 1943 propone una mozione di sfiducia verso Mussolini,
che, approvata a maggioranza, decreta la fine della dittatura. Nell'agosto 1943
si rifugia in Portogallo. Al processo di Verona (gennaio 1944) è condannato a
morte in contumacia. Dopo alcuni anni trascorsi in Brasile e in Spagna, rientra
in Italia e si ritira a vita privata. Muore a Bologna nel 1988.
Rodolfo Graziani
Ettore Muti
Nato a Ravenna nel 1902. Volontario nella grande guerra, a 15 anni è tra gli arditi del Piave e poi tra i legionari di Fiume. In quei giorni incontra Mussolini, da cui resta folgorato e per il quale conserverà sempre una venerazione. È tra i fondatori delle squadre d'azione nel ravennate. Uomo d'azione, agli ambienti romani della politica preferisce le corse in automobile e le scazzottate contro i rivali. Nel 1924 è nominato console della Milizia fascista. Nel 1927 viene gravemente ferito in un attentato a Ravenna. A 34 anni entra nell'Aeronautica con il grado di tenente e combatte in Etiopia e in Spagna. Nel 1939 Mussolini lo chiama alla segreteria nazionale del PNF per sostituire Achille Starace. Nominalmente rimane segretario del PFN fino all'ottobre del 1940 (verrà sostituito da Adelchi Serena), ma dal 1° giugno rientra nell'Aeronautica per prendere parte attiva alla guerra. Anche dopo il 25 luglio 1943 e l'arresto di Mussolini, Muti continua a manifestare apertamente il suo culto del duce. Arrestato a Fregene la notte del 24 agosto, viene ucciso mentre i carabinieri lo stanno portando in carcere. Porterà il suo nome, durante i 600 giorni di Salò, una delle più famigerate squadre della Repubblica di Salò.
Alessandro Pavolini
Nato a Firenze il 27 settembre del 1903 da
Paolo Emilio. Fin da giovanissimo manifesta la sua vocazione per l’attività
letteraria. A dodici anni fonderà un giornaletto scolastico in cui scriverà
articoli interventisti. E' studente brillante, si laurea in Giurisprudenza e in
Scienze Politiche, frequentando due atenei, quello di Firenze e quello di Roma.
E proprio a Roma, per ragioni di studio, il giovanotto si trova nel giorno
"fatale" del 28 ottobre del 1922. Si accoda alle colonne fiorentine di camicie
nere per la parata finale, quando Mussolini ha già ricevuto la nomina a Primo
Ministro. Collaboratore di riviste letterarie, scrittore di saggi politici, si
cimenta anche nel romanzo e nel 1928 ottenne un primo buon successo con "Giro
d'Italia". Nel 1929 Pavolini diviene, a soli ventisei anni, federale di Firenze.
Una delle sue creature, il "Maggio musicale fiorentino" è tutt'oggi una delle
più importanti rassegne artistiche a livello internazionale. Fonda anche una
rivista letteraria, "Il Bargello". Nel 1932 viene chiamato a far parte del
Direttorio Nazionale del Partito. Nel 1934 è eletto deputato e stringe una
grande amicizia con Galeazzo Ciano. Chiamato a presiedere la Confederazione
Professionisti ed Artisti, istituisce i "Littoriali", una specie di olimpiade
della cultura e dell'arte. Scrive anche sul Corriere della Sera. Nel '35 parte
volontario per la guerra d'Africa. Proprio col suo amico Galeazzo Ciano
comanderà una squadriglia aerea cui viene dato il nome di una squadra d'azione
famosa a Firenze ai tempi della marcia su Roma: la Disperata. In Etiopia trova
il tempo di mandare corrispondenze al Corriere della Sera, e dall'esperienza
bellica in Africa trarrà il suo secondo libro: "La Disperata". Finita
l’avventura africana, Pavolini diventa una specie di "inviato speciale" del
regime. Viaggia in tutto il mondo, inviando al "Corriere" corrispondenze che poi
raccoglierà in volume. Il 31 ottobre 1939, diventa Ministro della Cultura
Popolare. Dopo i rovesci militari, il 5 febbraio del 1943 Mussolini lo domina
direttore del quotidiano "Il Messaggero". Caduto il fascismo, riesce a riparare
in Germania. Aderisce alla Repubblica Sociale ed è lui, neo segretario del Pfr
(Partito fascista repubblicano) a sollecitare Mussolini ad assumere la guida del
nuovo regime, essendone "il capo naturale". E' lui a tenere le fila del
congresso di Verona, a chiedere il processo e la condanna dei "traditori" del 25
luglio e a ricostituire le "Brigate nere". Nella primavera del '45 la Rsi si
avvia all'atto finale. Pavolini vaneggia di raccogliere ventimila fedelissimi
per costituire l'ultima resistenza in Valtellina: là vuole far trasportare anche
le ossa di Dante, simbolo dell’italianità.. Si avvia con il Duce, il 25 aprile
del '45, per l'ultimo viaggio, dalla Prefettura di Milano al lungolago di Dongo,
dove viene fucilato il 28 dai partigiani della 52a brigata garibaldina, dopo un
inutile tentativo di fuga a nuoto nel lago.
Edmondo Rossoni
Edmondo Rossoni nacque a Trisingallo nel 1884. Dopo aver frequentato il ginnasio s’iscrisse al Partito socialista e partecipò attivamente agli scioperi agrari del 1903-1904. Nel novembre del 1904 si trasferì a Milano dove, due anni dopo, fu eletto membro del gruppo di propaganda sindacalista della Federazione milanese, s'impegnò in battaglie antimilitariste e diventò corrispondente della "Gioventù socialista". Nel 1907, in linea con gli indirizzi del sindacalismo rivoluzionario, abbandonò la Federazione per impegnarsi a tempo pieno nelle organizzazioni della Camera del lavoro. Nel novembre sostituì a Piacenza il Commissario amministrativo della Camera del lavoro locale e nei mesi seguenti tenne una lunga serie di comizi che, a causa dei toni accesi e dei contenuti violenti, gli valsero, il 16 giugno 1908, una condanna a quattro anni di reclusione e a due di sorveglianza speciale. Per sfuggire alla pena Rossoni si trasferì prima a Nizza, dove fu diffidato, e poi in Brasile dove riuscì a trovare lavoro, grazie ad Alceste de Ambris, presso il giornale "Il Fanfulla". Partito dalla Francia nel marzo soggiornò in Brasile solo pochi mesi: espulso per attività sindacale si trasferì a Parigi e quindi, nel luglio del 1910, a New York dove aderì alla Federazione socialista italiana. Divenuto organizzatore della Federazione, collaborò come redattore al giornale "Il Proletario" e fu arrestato per istigazione allo sciopero. Tornato in Italia, nel gennaio del 1913 fu nominato segretario del sindacato provinciale Edile di Modena e diresse uno sciopero durato settanta giorni che terminò con la sconfitta delle maestranze. Il fallimento dello sciopero edile e il timore di un nuovo arresto lo indussero nuovamente alla fuga. Fece quindi ritorno a New York dove assunse la direzione de "Il Proletario". Allo scoppio della Grande guerra, come altri sindacalisti rivoluzionari, assunse posizioni interventiste; abbandonò quindi "Il Proletario", fedele alla linea neutralista, per andare a dirigere la "Tribuna", giornale d’ispirazione nazionalista. Richiamato alle armi rientrò in Italia e nel 1918 fondò e diresse il settimanale "L’Italia nostra", organo dell’Unione sindacale milanese. In seguito partecipò alla costituzione dell’Unione Italiana del Lavoro, della quale rimase segretario fino al marzo del 1919 quando lasciò l’incarico per prendere la direzione della Camera del lavoro di Roma. Nel giugno del 1921, fu chiamato a dirigere la Camera del lavoro di Ferrara e il 10 febbraio del 1922 fu nominato segretario generale della Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali, i nuovi sindacati fascisti costituitisi con il convegno di Bologna nel gennaio precedente. Assunse inoltre la direzione de "Il lavoro d’Italia", giornale della nuova Confederazione, e promosse l’idea di un sindacalismo integrale, vale a dire la fusione in un unico organismo sia dei sindacati operai sia di quelli padronali. Fallito tale obiettivo, cercò a tutti i costi di ottenere per le Corporazioni il monopolio della rappresentanza sindacale del mondo operaio; una posizione che lo portò a scontrarsi con la "Commissione dei diciotto", istituita dal regime con il compito di studiare le problematiche politiche e sociali. Dopo non poche difficoltà, il monopolio sindacale fu ad ogni modo realizzato il 2 ottobre del 1925, grazie agli accordi di Palazzo Vidoni. Da quel momento la posizione di Rossoni e delle Corporazioni, per via del potere che detenevano, fu guardata dai vertici del fascismo con sospetto. Questo indusse il regime, mosso anche dal progetto di realizzare un sistema corporativo, ad indebolire il movimento sindacale separando la Confederazione fascista in sei sindacati autonomi, cui corrispondevano altrettante organizzazioni padronali, e dando vita ad un’unica Confederazione per gli artisti e gli intellettuali. Dopo lo "sbloccamento" del 1928, accettato da Rossoni senza alcuna polemica, il leader sindacale si trovò sempre più isolato e ormai privo di qualsiasi potere reale. Nel settembre del 1930, ritornato nelle grazie del regime, fu nominato membro del Gran Consiglio e due anni dopo rivestì la carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Nel marzo del 1935 fu nominato ministro dell’Agricoltura e foreste, carica che mantenne fino al 1939. Il 25 luglio del 1943 votò a favore dell’ordine Grandi, atto che gli costò la condanna a morte decretata dal Tribunale di Verona. Rifugiatosi dapprima in Vaticano, dopo la condanna all’ergastolo inflittagli nel maggio 1945, riparò in Canada dove rimase un solo anno. Amnistiato fece ritorno in Italia e si ritirò a vita privata. E’ morto a Roma l’8 giugno 1965. (a cura di Massimiliano Tenconi)
Achille Starace
Nato a Gallipoli (Lecce) nel 1889. Ufficiale dei bersaglieri nella prima guerra mondiale, pluridecorato, organizzatore dello squadrismo trentino e fondatore del Fascio di Trento (1920), diventa vice segretario del PNF (1921), ispettore per la Sicilia (1922) e deputato nel 1924. Dal 1926 è vice capo della MVSN. Nel 1931 sostituisce Giuriati alla segreteria del PNF. Estende la rete del partito nella società, irreggimentando le masse in organizzazioni che coinvolgono i cittadini, dalla scuola elementare all'università, al dopo lavoro. Impone uno "stile fascista" denominato "staracismo", caratterizzato dall'obbligo per gli italiani di partecipare a cerimoniali coreografici di massa (le feste della nazione, gli anniversari del regime, le vittorie della rivoluzione fascista, il culto dei caduti e la glorificazione degli eroi), a usare il "voi" al posto del "lei", a sostituire il saluto romano alla stretta di mano, a indossare le divise. Partecipa alla campagna d'Etiopia (1935), sulla cui esperienza nel 1937 pubblica il volume "La marcia su Gondar". Tra il 1936 e il 1938 fa parte della commissione per la fusione del Consiglio nazionale del partito con il Consiglio nazionale delle corporazioni. Nel 1938 è tra gli organizzatori della campagna antiebraica e tra i principali sostenitori delle leggi razziali. Sostituito alla segreteria del PNF da Muti, è progressivamente emarginato da ogni incarico di rilievo, anche nella RSI. Nell'aprile del '45 viene catturato dai partigiani e giustiziato. Il suo cadavere è esposto a Piazzale Loreto.