L'esistenzialismo riprende
la riflessione di Kierkegaard sull'esistenza
ma soprattutto il tema dell'analitica esistenziale di Heidegger, benché
egli ne abbia rifiutato la paternità, poiché lo scopo della
sua filosofia era la ricerca dell'essere. L'analitica esistenziale, in
effetti, è un metodo per la ricerca ontologica, cioè il senso
dell'esistenza che lo scientismo, oggettivizzando e rendendo tutto misurabile,
ha fatto perdere. Per ritrovare l'essere, quindi, Heidegger interroga l'unico
ente che può rispondere, ossia l'uomo che, in quanto ente, possiede
una esistenza e un'essenza, quindi l'essere. Per poterlo interrogare, però,
egli deve analizzare la sua modalità di esistenza. Attraverso l'analitica
esistenziale, quindi, egli scopre che l'esistenza si caratterizza per il
fatto di Esser-ci (Dasein), di essere nel mondo, ossia di essere gettato.
L'esserci appare sempre come cura, che si attua come prendersi cura degli
enti e come aver cura degli altri uomini. La cura, ossia il rapporto con
gli enti, ha due modalità:
• Esistenza inautentica,
che si attua nell'utilizzare gli enti. L'inautenticità dell'esserci
è la tendenza a deresponsabilizzarsi e ad affidarsi al mondo del
Si (man) impersonale, in cui dominano la chiacchiera, la curiosità
e l'equivoco; ciò denota lo smarrimento dell'esserci nel mondo inautentico
del Si e dell'anonimia.
• Esistenza autentica,
ossia il riferirsi responsabilmente alle possibilità che l'esserci
incontra. La struttura fondamentale dell'esistenza autentica è l'angoscia,
che nasce dalla consapevolezza dell'essere per la morte. Mentre Kierkegaard,
infatti, postulava tre scelte essenziali e significanti, Heidegger afferma
che ogni scelta dell'uomo è nullificante, ossia ha come essenza
il nulla perché ha come fine la morte. La morte, infatti, è
l'estrema possibilità necessaria e significante, la "possibilità
della pura e semplice impossibilità dell'esserci". L'esserci, quindi,
esiste come un ente sempre in vista della sua fine, ossia come essere-per-la-morte.
La morte come possibilità estrema, però, apre l'esserci alle
altre possibilità in modo autentico; mantenersi costantemente nell'imminenza
della morte come "possibilità" in senso radicale, infatti, permette
di comprendere le concrete possibilità situate "al di qua" di essa
e di sceglierle responsabilmente come possibilità finite, senza
irrigidirsi in nessuna di esse e senza accoglierle come fatti precostituiti
e progettati anonimamente nell'universo del "Si".
Dopo aver interrogato
la struttura dell'uomo, quindi, Heidegger scopre la morte, perciò
abbandona la ricerca. Successivamente, infatti, affermerà, riprendendo
la teoria di Parmenide, che l'essere non si deve cercare, ma che esso si
rivela attraverso la poesia a chi sa ascoltare e decifrare.