La GUERRA di LIBIA (1911-1912)
L'occasione, che fece maturare in Giolitti la decisione dell'impresa,
fu data da una nuova crisi rnarocchina, che mise in contrasto la Francia e
la Germania. Dopo il 1906, la Francia aveva intensificato la sua penetrazione
del Marocco e nel 1911, prendendo a pretesto una rivolta contro il sultano,
aveva occupato militarmente Fez, la capitale del Marocco. La Germania, che
si era rese pubblicamente garante della indipendenza del Marocco, rispose
all'azione francese inviando un incrociatore nelle acque di Agadir (1 luglio
1911). Seguirono alcuni mesi di tensione fra le due potenze ma alla fine,
nel novembre, si giunse ad un accordo: -la Francia occupò il Marocco, lasciando
la parte settentrionale alla Spagna e dichiarando Tangeri città libera; -in
compenso, cedeva alla Germania alcuni territori dell'Africa equatoriale che
furono annessi alla colonia tedesca del Camerun; -nel marzo 1912 la Francia
imponeva il suo protettorato al Sultano. L'incidente di Agadir fece precipitare
la situazione politica nel Mediterraneo, in modo tale che appariva prossima
la necessità, per l'Italia, di risolvere con una spedizione militare la questione
della Libia. La rivolta dei Giovani Turchi nel 1908 aveva impresso un carattere
dinamico e nazionalista al governo dell'impero. D i conseguenza, l'opera di
penetrazione finanziaria e commerciale fatta dall'Italia in Libia - e in particolare
modo dal cattolico Banco di Roma - veniva seriamente intralciata ed ostacolata
dalla Turchia, col chiaro scopo di sottrarre la Libia all'influenza italiana.
Liberali, cattolici e nazionalisti erano favorevoli alla conquista della Libia
per considerazioni di politica internazionale, per motivi di prestigio nazionale,
per interessi economici, per ragioni di politica interna. Anche giornali poco
inclini al colonialismo, come il Corriere della Sera di Albertini, diedero
il loro contributo alla campagna a favore dell'impresa sostenendo la tesi
che il territorio libico era una miniera intatta di grandi ricchezze naturali
(ma non si parlava allora del petrolio), e che la sua conquista avrebbe risolto
il problema principale dell'economia italiana, cioè la mancanza di materie
prime e di risorse naturali. La stampa cattolica, per sostenere la penetrazione
commerciale e finanziaria del Banco di Roma, alimentava la propaganda imperialista
presentando la guerra contro la Turchia come una nuova crociata contro gli
infedeli e l'occupazione della Libia come una conquista di anime alla cristianità,
nonostante la dichiarazione ufficiale del Vaticano che la guerra era soltanto
un problema politico, col quale la religione nulla aveva a che fare.