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Dal 1950 in poi

5.      Germania

 

La Germania fu salvata da Adenauer che creò un partito la CDU, uno Stato (la Repubblica Federale) e, grazie al ministro dell’ Economia Ludwig Erhard, una fiorente economia.

Adenauer, cresciuto col ricordo della Guerra Franco-Prussiana e delle due Guerre Mondiali, sosteneva la prospettiva di un’ Europa Federale che presentava molti vantaggi:

·           Rapida riabilitazione della Germania.

·           Fine del conflitto Franco-Tedesco.

·           Creava vincoli tra la Germania renana e l’ occidente europeo.

 Adenauer sapeva che il paese aveva anche altre esigenze: non poteva rinunciare alla riunificazione o dimenticare che la sicurezza della Germania dipendeva dagli Stati Uniti.

Quando De Gaulle nel 1958 offrì alla Germania un “Trattato di Riconciliazione” Adenauer accettò, evitò tuttavia che la Francia dettasse la politica estera della Repubblica Federale e non volle mai sottoscrivere le sortite antiamericane.

La situazione cambiò dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Kohl (cancelliere della Repubblica Federale) riuscì in meno di un’ anno a riunificare il Paese. Questa riunificazione provocò preoccupazione fra gli altri Stati europei (tra cui Inghilterra, Francia e Italia), poiché si creava nel cuore dell’ Europa un gigante economico che avrebbe modificato i vecchi equilibri.

Con il consenso degli Stati Uniti nel 3 ottobre 1990 fu proclamata l’ unificazione.

Kohl diede una dimostrazione dell’ europeismo tedesco, rinunciando alla sovranità monetaria, così in meno di un anno e mezzo nacque l’ Unione monetaria.

Ma dopo la vittoria del socialdemocratico Schroder nel settembre 1998, l’ europeismo tedesco avrebbe perduto una parte delle sue motivazioni originarie. Questo perchè Schroder non ha ricordi inerenti alle guerre. Mentre i suoi predecessori consideravano l’ impegno europeista un obbligo morale, lui è stato guidato da altri criteri: l’ utilità, l’ opportunità, la convenienza.

 

6.     Il gioco del domino

 

Dopo il fallimento della CED Jean Monnet capì che l’ unità politica e militare dell’ Europa era oramai bloccata, l’ unica strada aperta era quella dell’ unità “funzionale”: occorreva unificare alcuni settori, affidarne l’amministrazione ad un’ autorità supernazionale e sperare che ad ogni passo verso l’ integrazione ne creasse un altro (gioco del domino). Monnet propose una Comunità europea per l’ energia atomica (l’ Euratom\CEEA) insieme al Mercato comune. La CEEA fu abbandonata mentre il mercato comune dette buoni risultati e spinse all’ abolizione delle barriere tariffarie: nacque una frontiera commerciale europea e una politica commerciale comune.

Nel campo della politica agricola vennero finanziati con fondi comuni gli stati più arretrati.

Ma lo sviluppo dei traffici evidenziò il problema monetario: la dipendenza della Comunità dal dollaro. Dagli anni ’70 iniziò un lungo cammino dell’ Europa verso la moneta comune: dalla creazione del Sistema Monetario Europeo (SME) alla firma del trattato di Maastricht (1992).

L’ euro avrebbe restituito all’ Europa la sovranità monetaria che era stata ceduta agli USA.

Anche il mercato comune risultò inefficiente: era necessario abbattere le barriere non tariffarie che ancora proteggevano i mercati nazionali in quanto erano state abolite solo quelle doganali (1957).

Nel 1990 venne firmata la convenzione di Schengen che aboliva i controlli di polizia alla frontiera.

Agli inizi del nuovo secolo i membri dell’ Unione erano 15 e sarebbero diventati 25 entro breve.

  

7.     Vantaggi e inconvenienti del successo: la Gran Bretagna

 

Quando venne creato il Mercato comune, la Gran Breta­gna, all'integrazione economica di Jean Monnet con­trappose una specie di Commonwealth economico: una Associazio­ne europea di libero scambio (EFTA in inglese; Stoccolma 1959), in cui entrarono, sotto la guida di Londra, l'Austria, la Danimarca, la Norvegia, la Svezia e la Svizzera. Il tratta­to prevedeva la graduale abolizione delle tariffe doganali. Ma il volume dei traffici fra i sei Paesi del Mercato comune aumentava considerevolmente e la Comunità diventava pro­tagonista del commercio mondiale, l'EFTA, anche per colpa delle dif­ficoltà dell'economia britannica perdeva importanza. Dopo il falli­mento della spedizione anglo-francese a Suez nell'ottobre 1956, la Gran Bretagna si accorse che la sua partnership con gli Stati Uniti sarebbe stata sempre meno paritaria. Tuttavia il governo di Londra non venne meno ai tre cerchi con cui Winston Churchill aveva graficamente rappresentato la politica estera che la Gran Bre­tagna avrebbe dovuto fare dopo la Seconda guerra mondiale (l'A­tlantico, l'Europa, il mondo, e Londra alla confluenza fra i tre cer­chi), ma dovette adattarsi alle circostanze e rinunciare all'EFTA. Fu quello il momento in cui chiese di entrare nella Comunità. Non voleva creare con i Sei un'Europa federale, ma voleva controllare dall'interno l'evoluzione del pro­getto federalista per meglio impedirlo o rallentarlo. Il generale De Gaulle lo intuì e bloccò i negoziati il 29 gennaio 1963. Ma gli scarsi entusiasmi di De Gaulle per l'idea europeista mostravano nelle sue critiche alla Gran Breta­gna un disegno francese (la Francia voleva dominare il continente) così molti leader europei aprirono le porte della Comu­nità alla Gran Bretagna.

I negoziati iniziarono con Georges Pompidou nel 1971 e si con­clusero nel 1972 quando la Gran Bretagna, accompagnata da tre Paesi dell'EFTA (Danimarca, Islanda e Norvegia) poté en­trare nella Comunità. Ma l'intuizione di De Gaulle si dimostrò giu­sta: la Gran Bretagna avrebbe cercato di evi­tare qualsiasi ulteriore cessione di sovranità nazionale e avrebbe accettato e continuato a fre­nare dall'interno il progresso dell'Europa federale. Blair divenne primo ministro quando l'euro era ormai alle porte. Ancora una volta la Gran Bretagna aveva scelto di star­ne fuori nella speranza di contribuire così al fallimento del progetto. Per avere influenza al­l'interno dell'Unione era necessario aderire all'euro. Tuttavia gli attacchi terroristici dell'11/09/01 e la reazione di George W. Bush costrinse la Gran Bretagna a dare la precedenza al rapporto con l'America. Ma la guerra irachena allontanò la Gran Bretagna dai due maggiori Paesi dell'Unione, Francia e Germania.

 

 

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