una tesina di M. Bortolotti

 

Introduzione 

La Maschera nella prima filologia nietzscheana

In Pirandello

La Maschera tra bene e male.

 

 

Picasso subì una fascinazione inesauribile per la figura doppia ed enigmatica di Arlecchino, metà demiurgo creatore, metà diavolo distruttore. L'artista, che aveva una vera e propria ossessione per le qualità magico sacrali degli indumenti - al punto da non buttar via niente di ciò che possedeva, neanche i pacchetti di sigarette - aveva l'abitudine di vestirsi con una maglietta a righe, trasfigurazione moderna della vestis scalata, l'abito a scacchi di arlecchino. E' Guillaume Apollinaire ad operare la più suggestiva identificazione dell'artista, definendo Picasso "trismegisto", tre volte grande. Nel rinascimento era l'appellativo del creatore del Corpus Hermeticum, figura mitologica dell'esoterismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' proprio qui che ritorna il concetto di maschera, non più come ruolo che si assume per gli altri nella relatività delle esistenze, non più come una tensione a mutare per difesa.

Non ancora ci sono sentimenti cubisti in Picasso, ma il ruolo della maschera tradizionale, il valore e la carica simbolica dell'apparenza arlecchinesca danno all'artista la sensazione di equilibrio fra bene e male, apollineo e dionisiaco, qualcosa che riesce a discernere le scelte di vita, al di sopra se vogliamo della vita stessa. ( a partire dall'alto a destra in ordine di lettura, Testa di arlecchino 1904, Arlecchino allo specchio 1923, Arlecchino seduto 1923 ).

Dal Corpus Hermeticum.