una tesina di M. Bortolotti |
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Nietzsche e la sua filosofia hanno
accompagnato per mano tutto questo secolo, con le loro contraddizioni, ma anche
con le loro acute disillusioni e intuizioni. Il suo aspetto critico del
costume e delle ipocrisie della mentalità tradizionale ci pone di fronte ad un
atteggiamento di smascheramento della realtà da parte del filosofo. Proprio per
questo, buona parte del discorso nietzscheano riguarda implicitamente la
maschera. Durante la sua opera viene espressa sotto forma di finzione,
illusione, verità divenuta favola, in generale, rapportarsi dell'uomo col
mondo
dei simboli. La maschera può essere sostanziale filo conduttore, perché sin dalle opere giovanili, nell'elaborazione di questo problema, Nietzsche va delineando i teoremi della sua filosofia. Da sempre questo, rappresenta il problema tra essere e apparenza, l'impossibilità di raggiungere uno stato di coincidenza assoluta tra essenza e coscienza, tra natura e spirito. Nietzsche si pone nei confronti di questo problema innanzitutto in qualità di filologo, realizzando pienamente gli obbiettivi della filologia nei confronti dell'antichità classica, assumendola dunque come modello in vista di una critica sul presente. L'equilibrio della classicità, la sua perfezione di forma, il bilanciamento dei suoi contenuti sono stati sempre simbolo di coincidenza tra interno ed esterno, tra cosa in sé e fenomeno. Proprio grazie al suo sguardo critico e ad un primo segno di accordo con le teorie Schopenhaueriane, il filologo trova che non solo non vi è adeguazione reciproca tra essere e apparire, ma oltretutto si fa strada in lui la convinzione che il classico stesso sia una forma di reazione difensiva all'impossibilità oggettiva di questa coincidenza. Così i caratteri di equilibrio
ed armonia, compiutezza e perfezione formale, risultano essere soltanto una
maschera, apparenza di una cosa in sè che soffre di profonde
dilacerazioni, e cambia il suo ruolo diventando peculiare configurazione
dell'inevitabile divergenza tra le due nature della realtà. Nasce così un modo
di vedere il mondo classico scisso nei suoi due volti, apollineo e dionisiaco.
Ne La nascita della tragedia Nietzsche comincia a considerare infatti
anche la natura più oscura delle cose e, sempre nel contesto della classicità,
individua gli elementi di squilibrio che si contrappongono alla perfezione ed al
rigore ellenico. C'è l'introduzione di una chiave di lettura dualitaria della
grecità, che N. scorge già in Natura, espressione di due impulsi dell'anima. Il dionisiaco, dunque, che scaturisce dalla forza vitale e dal senso caotico del divenire, si esprime artisticamente nella musica. L'apollineo, che scaturisce da un atteggiamento di fuga di fronte al flusso imprevedibile degli eventi, si esprime artisticamente nelle linee armoniche dell'arte plastica e dell'epopea. N. modifica profondamente il contenuto della nozione di classico, poiché riconosce l'apparente equilibrio nell'apollineo solo come una particolare forma di maschera che l'antica civiltà greca si era costruita per distrarre se stessa da un lato grigio e sempre presente che veniva formalmente rifiutato. Una maschera per nascondersi dall'origine dionisiaca della sensibilità greca, portata a scorgere ovunque il dramma della vita e della morte, e gli aspetti orribili e assurdi della crudele vicenda dell'essere. L'apollineo dunque nasce per N. nel tentativo di sublimare il caos nella forma, esorcizzare la mancanza di certezze e rendere accettabile la vita. Gli stessi dèi olimpici nient'altro sono per lui, che una trasposizione degli uomini mitico-ideale, nata per superare la paura della dolorosa caducità dell'essere-uomo. Divise inoltre secondo questa nuova chiave di lettura il mondo ellenico in tre periodi:
Come già detto, in qualità di studioso dell'antichità, si pone nei suoi confronti con un atteggiamento che sintetizza i tre da lui analizzati: monumentale, archeologico e critico, specialmente utilizzando il primo di questi, che tende a continuare a cercare esempi e modelli nel passato per la vita presente. E' di fronte a questi modelli, seppur criticati, che la vita presente si caratterizza come decadenza. Decadenza come mancanza di un'unità di stile. N. vede l'uomo del suo tempo avvolto da una globale incoerenza tra forma e contenuto, da cui ogni forma risulta poi a tale uomo e al filosofo che osserva nient'altro che travestimento. Specificatamente nella Nascita della tragedia, la maschera è attribuita al dolore e alla sofferenza stessa dell'uno primordiale, della volontà, in pieno accordo o quasi con la teoria di Schopenhauer. Più avanti, il pensiero di questo travestimento verrà riformulato, esso non sarebbe qualcosa che ci appartiene naturalmente, ma si assumerebbe deliberatamente in vista di qualche scopo, o da qualche bisogno. Nell'uomo moderno il travestimento viene assunto per combattere uno stato di paura e di debolezza. La malattia storica, cioè la consapevolezza del carattere diveniente delle cose, ha reso l'uomo incapace di creare la storia, per via dell'insicurezza delle proprie decisioni e il terrore di assumersi responsabilità storica.
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