LOTTA PER LA VITA E "DARWINISMO SOCIALE"

Darwin rivoluzionò la concezione tradizionale dell'origine delle specie viventi e diede un aspetto organico e definitivo alla concezione deterministica. Egli sosteneva che il numero degli organismi viventi che nasce è superiore a quello che può sopravvivere con le risorse disponibili. Quindi esiste tra i vari individui una lotta continua per sopravvivere. In questa lotta prevalgono i più adatti alle condizioni di vita in cui si trovano e trasmettono i loro caratteri ai discendenti. Questa sopravvivenza del più adatto è la "selezione naturale": come l'uomo seleziona artificialmente le specie animali e vegetali più utili ai suoi bisogni, modificandone le caratteristiche, così opera la natura, scegliendo per la riproduzione degli individui che nella lotta per l'esistenza hanno dei vantaggi sopra i concorrenti. La dottrina darwiniana ebbe un'influenza enorme su tutto lo sviluppo scientifico e filosofico del secondo Ottocento, ed ebbe peso notevole anche nelle scienze sociali, dando origine a quel filone del pensiero sociologico che si definisce appunto "darwinismo sociale". Tale dottrina tende a vedere la società umana regolata dalle stesse leggi del mondo animale e naturale, quindi dominata anch'essa dalla lotta per la vita, che assicura la sopravvivenza e il dominio al più forte. In effetti la società umana nella sua storia millenaria è sempre stata caratterizzata da conflitti tra le varie classi sociali. Tuttavia il darwinismo sociale non analizza la lotta per la vita come un dato legato a forme specifiche, storicamente definite di società, ma la pone come legge assoluta di ogni forma di società possibile. Le tendenze di pensiero più reazionarie ne ricavano la conclusione che l'assetto sociale vigente fondato sul dominio di una classe sulle altre, corrisponde alle leggi stesse di natura e non potrà mai essere modificato, o addirittura affermano la legittimità e la necessità del predominio del più forte sui più deboli, respingendo le nozioni di uguaglianza e di democrazia maturate nel corso moderno della storia borghese, dall'Illuminismo alla Rivoluzione francese in poi. Queste teorie sono la manifestazione della profonda crisi attraversata dalla coscienza borghese nella seconda metà dell'Ottocento: viene meno la sicurezza di poter dominare concettualmente e praticamente tutta la realtà, la serena certezza in futuro di pace, di equilibrio, di giustizia e di benessere illimitato, che erano i punti fondamentali della concezione della borghesia nel periodo eroico della sua ascesa.

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